domenica 26 luglio 2015

Il Limulo ha vissuto con i dinosauri, ma ora viene sfruttato dall'uomo


Pochi sanno cosa sia, pochi sanno che esiste e ancora meno sanno che questo animale ha praticamente vissuto con i dinosauri, forse anche prima di loro, si stima possa avere circa 550milioni di anni, ed è arrivato fino a noi attraverso le ere per essere poi brutalizzato dall’uomo.

Il limulo, Limulus polyphemus conosciuto anche come granchio reale, è un artropode chelicerato, unico rappresentante del genere Limulus  diffuso prevalentemente sulla costa est del nord America, dal Maine fino al sud della Florida, e nel golfo del Messicofino alla penisola dello Yucatan annoverabile fra le vittime della moderna medicina. In realtà ha molto poco in comune con i granchi, si può dire che sia più un aracnide, corazzato e in grado di vivere sott’acqua. Un animale strano, non particolarmente affascinante, ma di sicuro curioso, assomiglia molto ad uno strano fossile e la sua particolarità è avere il sangue trasparente che a contatto con l’aria diviene blu.

Ed è proprio questo sangue così particolare che fa di lui una preda così ambita e così vulnerabile.

Nonostante l’aspetto preistorico, è un’animale a tutti gli effetti, e come tale soffre, ha paura e muore.


Un’altra sorprendente caratteristica di questo animale sono gli occhi, infatti il suo apparato visivo è costituito da due occhi laterali composti situati in cima al carapace e 5 occhi semplici sensibili alla luce, di cui due mediani, uno endoparietale e due laterali rudimentali.

Ma perché interessa così tanto alle case farmaceutiche? Perché il suo sangue, ricco di rame, reagisce ai batteri gram-negativi formando coaguli, per questo viene impiegato nel cosiddetto LAL TEST, una test utilizzato per garantire la sterilità e la apirogenicità dei farmaci. Sostanzialmente serve per vedere se un farmaco è contaminato da batteri o meno.


Fu lo scienziato statunitense Frederick B. Bang, in una ricerca scientifica pubblicata nel 1956, a mettere in evidenza questa caratteristica del sangue dei limuli e per le case farmaceutiche si profilò immediatamente un grosso risparmio economico, rispetto alla stabulazione di cavie o conigli utilizzati poi per i vari test.

Questi animali vengono prelevati dal loro habitat nel periodo della riproduzione, quando raggiungono le acque meno profonde della costa, vengono lavati, disinfettati e immobilizzati su una linea di prelievo dove gli viene infilato un ago nel dorso per accedere al loro vaso sanguigno maggiore e prelevare loro il 30% del sangue.

Molti di loro muoiono traumatizzati da queste procedure poco gentili, per usare un’eufemismo, altri muoiono quando vengono ributtati in mare per la troppa debolezza, ma nessuno se ne occupa perché li stanno solo sfruttando non li massacrano. 

Eppure il National Geographic afferma che su migliaia di animali catturati ne muoiano il 20%… e sono tanti.

Ci sono addirittura campagne per salvare il limulo, ma per quale motivo? Empatia? Amore per la natura? Purtroppo no, è un mero interesse, il limulo serve all’industria farmaceutica e nascono addirittura vasche per l’allevamento e la fecondazione assistita, più limuli uguale più sangue, più sangue uguale più soldi.


 A voi il video…. giudicate voi.



martedì 21 luglio 2015

I tumori regrediscono naturalmente? Studi dimostrano di si...



Studi: dalle autopsie degli incidenti stradali verità sconvolgente, 100% di tumori 
che però regrediscono...


Luigi De Marchi, psicologo clinico e sociale, autore di numerosi saggi conosciuti a livello internazionale, parlando con un amico anatomo-patologo del Veneto sui dubbi dell’utilità delle diagnosi e delle terapie anti-tumorali, si sentì rispondere: 

«Sì, anch’io ho molti dubbi. Sapessi quante volte, nelle autopsie sui cadaveri di vecchi contadini delle nostre valli più sperdute ho trovato tumori regrediti e neutralizzati naturalmente dall’organismo: era tutta gente che era guarita da sola del suo tumore ed era poi morta per altre cause, del tutto indipendenti dalla patologia tumorale»[1].

«Se la tanto conclamata diffusione delle patologie cancerose negli ultimi decenni – si chiese Luigi De Marchi – in tutto l’Occidente avanzato fosse solo un’illusione ottica, prodotta dalla diffusione delle diagnosi precoci di tumori che un tempo passavano inosservati e regredivano naturalmente? 

E se il tanto conclamato incremento della mortalità da cancro fosse solo il risultato sia dell’angoscia di morte prodotta dalle diagnosi precoci e dal clima terrorizzante degli ospedali, sia della debilitazione e intossicazione del paziente prodotte dalle terapie invasive, traumatizzanti e tossiche della Medicina ufficiale. 

Insomma, se fosse il risultato del blocco che l’angoscia della diagnosi e i danni delle terapie impongono ai processi naturali di regressione e guarigione dei tumori?”.[2]


Con quanto detto da Luigi De Marchi – confermato anche da autopsie eseguite in Svizzera su cadaveri di persone morte non per malattia – si arriva alla sconvolgente conclusione che moltissime persone hanno (o avevano) uno o più tumori, ma non sanno (o sapevano) di averli.

In questa specifica indagine autoptica (autopsie) fatta in Svizzera, ed eseguita su migliaia di persone morte in incidenti stradali (quindi non per malattia), è risultato qualcosa di sconvolgente:

- Il 38% delle donne (tra i 40 e 50 anni) presentavano un tumore (in situ) al seno;

- Il 48% degli uomini sopra i 50 anni presentavano un tumore (in situ) alla prostata;

- Il 100% delle donne e uomini sopra i 50 anni presentavano un tumore (in situ) alla tiroide.[3]

Con tumore in situ s’intende un tumore chiuso, chiuso nella sua capsula, non invasivo che può rimanere in questo stadio per molto tempo e anche regredire.

Nel corso della vita è infatti “normale“ sviluppare tumori, e non a caso la stessa Medicina sa bene che sono migliaia le cellule tumorali prodotte ogni giorno dall’organismo.
Queste, poi, vengono distrutte e/o fagocitate dal Sistema Immunitario, se l’organismo funziona correttamente.

Molti tumori regrediscono o rimangono incistati per lungo tempo quando la Vis Medicratix Naturae (la forza risanatrice che ogni essere vivente possiede) è libera di agire.

Secondo la Medicina Omeopatica , la “Legge di Guarigione descrive il modo con cui tale forza vitale di ogni organismo reagisce alla malattia e ripristina la salute”.[4]
Cosa succede alla Legge di Guarigione, al meccanismo vitale di autoguarigione, se dopo una diagnosi di cancro la vita viene letteralmente sconvolta dalla notizia del male?
E cosa succede all’organismo (e al Sistema Immunitario) quando viene fortemente debilitato dai farmaci ?

Ulteriori dati poco conosciuti

Poco nota al grande pubblico è la vasta ricerca condotta per 23 anni dal prof. Hardin B. Jones, fisiologo dell’Università della California, e presentata nel 1975 al Congresso di cancerologia presso l’Università di Berkeley. Oltre a denunciare l’uso di statistiche falsate, egli prova che i malati di tumore che NON si sottopongono alle tre terapie canoniche (chemio, radio e chirurgia) sopravvivono più a lungo o almeno quanto coloro che ricevono queste terapie. [5]
Il prof. Jones dimostra che le donne malate di cancro alla mammella che hanno rifiutato le terapie convenzionali mostrano una sopravvivenza media di 12 anni e mezzo, quattro volte superiore a quella di 3 anni raggiunta da coloro che si sono invece sottoposte alle cure complete.[6]



Un’altra ricerca pubblicata su The Lancet del 13/12/1975 (che riguarda 188 pazienti affetti da carcinoma inoperabile ai bronchi), dimostra che la vita media di quelli trattati con chemioterapia è stata di 75 giorni, mentre quelli che non ricevettero alcun trattamento ebbero una sopravvivenza media di 120 giorni.[7]
Se queste ricerche sono veritiere, una persona malata di tumore ha statisticamente una percentuale maggiore di sopravvivenza se non segue i protocolli terapeutici ufficiali.

Con questo non si vuole assolutamente spingere le persone a non farsi gli esami, gli screening e i trattamenti oncologici ufficiali, ma si vogliono fornire semplicemente, delle informazioni che normalmente vengono oscurate, censurate e che possono, proprio per questo, aiutare la scelta terapeutica di una persona.

Ma ricordo che la scelta è sempre e solo individuale: ogni persona sana o malata che sia, deve assumersi la propria responsabilità, deve prendere in mano la propria vita. Dobbiamo smetterla di delegare il medico, lo specialista, il mago, il santone che sia, per questo o quel problema.

Dobbiamo essere gli unici artefici della nostra salute e nessun altro deve poter decidere al posto nostro.

Possiamo accettare dei consigli, quelli sì, ma niente più.

Fonte: http://www.mednat.org/cancro/altre_cure.htm

venerdì 10 luglio 2015

La Cannabis cura l'autismo?


Dopo solo 2 giorni di trattamento con olio di cannabis Kalel Santiago, un bambino di 9 anni autistico che non aveva mai parlato prima riesce a dialogare correttamente!

Sebbene Kalel Santiago di Porto Rico ha solo 9 anni, ha già attraversato molte difficoltà. A soli 10 mesi, gli è stato diagnosticato una rara neuroblastoma tumore infantile, e ha trascorso più di due anni sottoposto a trattamenti di chirurgia, chemioterapia e radioterapia. Poi è arrivata la diagnosi successiva: un grave autismo non verbale.

“Mentre era in ospedale, abbiamo notato che non parlava e aveva qualche comportamento che non era chiaro, come sbattere le mani, e camminare in punta di piedi“, dice suo padre,Abiel Gomez Santiago a Yahoo.com. “Ma abbiamo aspettato fino all’età di 3 anni, quando il cancro è scomparso, per cercare di indagare la questione dell’autismo“.

Lui e sua moglie Gladys, genitori anche di due ragazzi più grandi, ora 18 e 20 anni- hanno fatto un corso accelerato per educare se stessi sull’autismo. Hanno provato varie scuole e terapie, e alla fine hanno trovato notevole successo con una scuola di surf-therapy vicino alla loro casa.

Poi, attraverso un evento di raccolta fondi ad aprile sono riusciti ad ottenere una un trattamento che avrebbe cambiato rapidamente le loro vite: l’olio di canapa, ricco di CBD che aveva dimostrato alleviare notevolmente i sintomi sia dell’epilessia che dell’autismo.

Hanno ricevuto la piccola bottiglia di olio di cannabis spray e hanno iniziato a somministrarlo a loro figlio due volte al giorno, come indicato in etichetta, per via orale. I risultati sono stati sorprendenti: Kalel ha iniziato a parlare – in soli due giorni.



“Ci ha sorpreso a scuola dicendo le vocali, AEIOU. 
Era la prima volta in assoluto “, afferma il padre. “Non puoi immaginare l’emozione che abbiamo avuto, ascoltare la voce di Kalel per la prima volta. È stato fantastico. Il maestro lo ha registrato e inviato a me e mia moglie e ci ha detto bene, l’unica cosa diversa che abbiamo fatto è che sta usando il CBD.” Poco dopo Kalel ha iniziato a utilizzare le consonanti per collegare i suoi suoni, e aggiunge: “Ha detto, ‘Amo mi mama’, [Traduzione: ‘io amo la mia mamma’]. Non so come ringraziare per aver ottenuto questo olio.”


La storia di Kalel è solo un altro elemento di prova dei tanti che si accumulanoa sostegno dell’olio di cannabis ad uso terapeutico.

mercoledì 1 luglio 2015

Lattuga selvatica - una pianta sacra dimenticata

La storia dimenticata della Lattuga Selvatica:

Una pianta utilizzata dagli antichi egizi, 
agli europei, fino agli indiani Hopi.





Quest'erba, giudicata in passato come l' oppio dei poveri, era largamente utilizzata come blando sedativo dalle proprietà ipnotiche e rilassanti, soprattutto attraverso il suo estratto, o come tintura.

L' erba in questione è una variante della classica lattuga, facente parte della famiglia delle Asteracee (i progenitori dell'odierna lattuga), definita genericamente "lactuca sativa", si presenta sotto tre forme differenti:


- Lactuca Virosa

- Lactuca Canadennnis

- Lactuca Serriola

Tutte e tre le tipologie presentano effetti psicoattivi, se consumate.


Risultati immagini per dio minGrazie alle ricerche di un italiano, Giorgio Samorini, editore del giornale Eleusis del Museo Civico di Rovereto, possiamo sapere l'utilizzo di questa pianta nel corso della storia antica.

I loro effetti sono noti sin dall' antico Egitto: era la pianta associata alla Dea della fertilità Min, ed era utilizzata sia a scopo sedativo che come afrodisiaco, estraendone il lattice biancastro che sgorga spontaneamente dopo aver praticato delle incisioni sul suo fusto.

L' erba era nota anche ai Romani ed ai Greci: attorno al 430 a.C., Ippocrate ne descrive le proprietà sedative, associando i suoi effetti al ben più raro, potente e costoso oppio. Spostandoci a Roma, Dioscoride Pedanio, naturalista e chirurgo spesso al seguito di campagne militari di Nerone attorno al primo secolo avanti Cristo, descrive le immagini ed i sogni indotti dall' utilizzo del lattice di lattuga velenosa.




Plinio il Vecchio fa lo stesso, soffermandosi particolarmente sulle proprietà afrodisiache della pianta nella sua Naturalis Historia, descrivendola in questo modo : "provoca sonnolenza, può raffreddare gli appetiti sessuali, purgare lo stomaco ed aumentare il volume del sangue".

Per arrivare poi ad Augusto, che fece erigere una statua in onore dell'infusione della lattuga selvatica, dichiarando che gli avesse salvato la vita.

Saltando più avanti nel tempo, la lactuca sativa venne impiegata fino al XIX secolo come sostituto dell' oppio, e studiata con cura dal Concilio della Società Farmaceutica della Gran Bretagna nel 1911, scoprendo le sostanze responsabili degli effetti psicoattivi di questa pianta: la lactucopicrina e la lactucina

Negli anni '70, venne utilizzaa in ambiente hippy come sostituto della marijuana e degli oppiacei.

La lattuga selvatica ha un duplice effetto, che varia in base alla dose assunta: fino ad un grammo di principio attivo, agisce come soppressore del dolore e calmante; a dosi più elevate, iniziano a fare effetto le sostanze simil-alcaloidi della pianta, inducendo stati di euforia e rilassatezza, simili per certi versi alla marijuana o all' oppio.

Non porta assuefazione, anche se la si consuma in grandi quantità, e non provoca overdose, anche se il consumo eccessivo può portare ad effetti collaterali sgradevoli.


Ma come veniva utilizzata questa pianta? 

Ci sono diverse metodologie per somministrare la lattuga selvatica:

- Infusi e tisane prodotti dalle foglie, soprattutto quelle esterne, che pare contengano più lattice

- Essiccazione delle foglie ed loro utilizzo in una mistura da fumare (come usavano gli indiani Hopi)

- Estrazione del lattice

Risultati immagini per lactuca oppioI primi due metodi di utilizzo sono abbastanza semplici, e non richiedono spiegazioni. Per quanto riguarda invece l'estrazione del lattice, si può procedere in due modi differenti:

- Estrazione del lattice dalla pianta viva: tramite questa procedura, semplice e collaudata per l'estrazione di molti altri tipi di lattice, è possibile preservare la pianta integra per un successivo riutilizzo. Si tratta di incidere il fusto con un oggetto tagliente, e di raccogliere il lattice biancastro che fuoriesce dalla pianta nel corso di ore, ponendo un contenitore sotto l'incisione, utilizzando la stessa procedura dell' estrazione del caucciù.

- Estrazione del lattice per immersione
questa procedura richiede l'estirpazione ella pianta intera, che verrà messa in acqua per almeno 24 ore. La lactucopicrina e la lactucina, infatti, sono quasi totalmente solubili in acqua, il che consente di ottenere un "infuso a freddo" di acqua e principi attivi. Una volta che l'acqua sarà diventata marrone scuro, occorrerà filtrare il liquido dalle parti macerate della pianta, e lasciare evaporare fino ad ottenere una polvere marrone lucente (il lattice, esposto all'aria, assume una colorazione bruno-scuro).






lunedì 22 giugno 2015

Epilobium parviflorum - la pianta che cura la prostata

L'Epilobium, (Epilobio in italiano) è una pianta infestante pressoché sconosciuta al pubblico.
Questa pianta cresce in prossimità di fiumi, torrenti e ruscelli, nelle zone particolarmente umide, su terreni accidentati, ricchi si sabbia e sassi.

Di varietà di Epilobio però ce ne sono a decine e occorre dunque distinguere accuratamente quelle per l'uso medico che andiamo ricercando. Questo è il caso dell'Epilobium parviflorum, che si distingue dalle altre specie per i suoi fiori rosa e bianchi, molto più piccoli.



Nel suo celebre libro: "La Salute della Farmacia del Signore, Maria Treben descrive così l'epilobium parviflorum:

"Si coglie la pianta intera,ossia fusto con foglie e fiori,troncandola possibilmente al centro -è proprio facile coglierla- affinché riproduca nuovamente dei polloni laterali. Il materiale raccolto dev'essere sminuzzato fresco. Della tisana di Epilobio si bevono,anche nei casi più gravi,soltanto due tazze al giorno,cioè una al mattino a digiuno e l'altra alla sera. Ma questo non significa che si debba trascurare di andare dal medico. Il medico dev'essere interpellato in ogni caso quando si tratta di malattie gravi."

MODALITA' DI PREPARAZIONE


Tisana: 1 cucchiaino da dessert colmo dell'erba su 1/4 di litro d'acqua;sbollentare solamente;lasciare riposare brevemente. Non più di due tazze al giorno,al mattino a digiuno e alla sera,1/2 ora prima di cena.

Interessante anche l'opinione del Dr. Amtzen di Berlino:

"Occupiamoci ora dell' Epilobio di Maria Treben. Caratteristico di questa pianta è che inizialmente potrebbe sembrare un piccolo innocente fusto fiorifero. In realtà si tratta invece di un ovario infero che, come qualsiasi frutto che si rispetti, dopo la fioritura si gonfia notevolmente,cambia colore e cresce in lunghezza. In autunno poi se ne spargono i semi avvolti da una fitta peluria contonosa. 

L'Epilobio nelle sue diverse varietà è abbastanza diffuso.Produce fiori e frutti in notevole quantità mentre il ruolo di foglie,fusto e radice ha un aspetto irrilevante. 

Tutto ciò,rapportato al corpo umano, significa che l'effetto principale si esplica a livello della porzione inferiore del tronco,di cui parte essenziale è l'apparato urogenitale. Per altre considerazioni la zona intestinale è piuttosto da escludere (essa riguarda più le droghe saporite quali per esempio quelle amare).
L'ovario,parte più appariscente e più importante,è situato all'interno. Ciò può significare che vi possa essere un chiaro rapporto con la prostata. Lo sviluppo del frutto in autunno ci richiama all'autunno dell'uomo e la presenza ubiquitaria ad una "malattia" altrettanto diffusa.

Nel melone e nella zucca troviamo una condizione molto simile:l'ovario infero, l'ingrossamento enorme dopo la fioritura,e,quasi necessariamente,l'effetto sugli organi urinari. Lo stesso fenomeno è riscontrabile nella pera (pyrus). 

Per gli specialisti:anche la Hypoxis rooperi,infine, la pianta fondamentale della Sitosterina del Sudafrica,possiede l' ovario infero.
Interessante è inoltre il fenomeno di alcune piante urogenitali importanti quale il pioppo ed il cotone (Gossypium) che sono caratteristiche per l'eccezionale sviluppo di cotone. Non ne è stata trovata ancora nessuna spiegazione.

La forma più efficace di somministrazione è,come del resto afferma anche Maria Treben, le tisane. 



Questa preparazione aromatica e acquosa indirizza i poteri di attività terapeutica verso l'uomo inferiore col suo apparato urogenitale. Ciò che però è più importante è che l'Epilobio guarisce. Dobbiamo quindi tutta la nostra riconoscenza alla riscopritrice di questa pianta speciale della Farmacia del Signore.

AVVERTENZE: Ricordiamo a tutti di avere rispetto per questa pianta e di raccoglierla ricordandosi sempre di non esagerare, tagliare solo il necessario, lasciando alla pianta la possibilità di riprodursi.